di Isabella Grassi
Sabato sera sono andata al Teatro Europa, il teatro di Parma che per primo mi ha accolto in scena, dentro e fuori, che mi ha visto ridere, scherzare, piangere ed emozionarmi, che mi ha fatto innamorare del Teatro. Vittoria l’ho conosciuta lì, e in scena a condividere con lei questa esperienza, c’erano alcuni compagni di avventura.
Non potevo non andare a vedere lo spettacolo e devo dire che mi sono veramente emozionata, perché Vicky, così la chiamano gli amici, ha saputo trattare un tema così profondo e così impegnativo con una delicatezza veramente forte. Mi sono piaciuti gli attori, mi sono piaciuti i testi, mi è piaciuta la scenografia, mi sono piaciute le luci e mi è piaciuto il pubblico, che al termine ha richiamato in scena, attori e regista più e più volte. Una serata diversa, una serata piena di sentimenti, come da tempo non provavo. Non me ne vogliano i cineasti ma vedere recitare dal vivo è veramente diverso.
Venendo ora alla storia ho intervistato per voi Vittoria chiedendole di raccontarci come e perché abbia scelto di narrare questa storia…
“Blood” nasce dall’esigenza di approfondimento, informazione e comprensione di drammatiche dinamiche, anche familiari, delle persone LGBTQ+, talvolta banalizzate da stereotipi e luoghi comuni. Ho deciso di affrontare il concetto di discriminazione, partendo dalla vicenda di Goeffrey Bowers, resa nota dal celebre film Philadelphia, film che mi ha sempre emozionato tantissimo, perché ho riflettuto sul fatto che di Aids non si parla più tanto, ma l’Aids in realtà esiste ancora, anche se oggi si può tenere sotto controllo con farmaci e terapie, ma ciò che non è sparito è un altro virus, un virus più pericoloso e insidioso, il virus del pregiudizio, della discriminazione e della paura.
Un titolo impegnativo, forte per un storia con toni molto delicati, spiegaci il perché di questa scelta…
Ho scelto di chiamare quest’opera “Blood” perché il sangue fa ancora molta paura e la stessa sorte che negli anni ‘80 e 90 toccava ai malati di AIDS, adesso tocca alle persone LGBTQ+. In diversi paesi esistono ancora discriminazioni e limitazioni riguardo la donazione di sangue nei confronti degli omosessuali. Ma il sangue è anche quello dei “legami familiari” che escludono le persone LGBTQ+.
Parlaci invece del testo, come lo hai composto e perché certe scelte…
Ho sempre amato la poesia visionaria di William Blake, per questo, nella scrittura drammaturgica, ho inserito riferimenti alla sua opera e mi sono resa conto che in alcuni momenti, incontra alla perfezione la prospettiva onirica di Tony Kushner. L’angelo diventa così il potere dell’umanità, della temperanza, è l’angelo di Blake, ma è al tempo stesso Bethesda, angelo delle acque che guarisce dal dolore.
Quale vuole essere il messaggio che quest’opera vuole lasciare?
In questi momenti di pericolosa deriva verso un nuovo oscurantismo e verso la negazione di diritti elementari delle persone, è necessario che tutti si sentano impegnati direttamente per combattere per il cambiamento, per l’uguaglianza, contro i pregiudizi, da qualsiasi parte essi provengano. “Il sonno della ragione genera mostri”. Con l’augurio che lo spettacolo possa essere nuovamente rappresentato, e che il messaggio che contiene possa essere diffuso, ne ricordo il cast.
“Blood”
con
Valeria Addeo, Iolanda Carolì, Alessandro Dall’Aglio, Aurora Missorini, Marina Padovani, Silvana Pizzolla, Tiziano Reverberi, Giancarlo Salviati
drammaturgia e regia: Vittoria Laudato
assistente alla regia: Iolanda Carolì
a cura di Ilaria Gerbella
collaborazione artistica musicale: Patrizia Mattioli
collaborazione ideazione coreografica: Davide Rocchi
luci: Lucia Manghi
(18 dicembre 2023)
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