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Le responsabilità dello Stato in troppe morti per malasanità altrimenti evitabili

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di Paolo Mandoliti*

Non ci possono essere risposte esaustive di fronte alla morte. Ciò che è accaduto in Calabria rispecchia però l’andazzo generale della Sanità italiana allo sfascio, ad iniziare dalla riforma del Titolo V della Costituzione, la quale ha assegnato alla competenza concorrente tra Stato e Regioni la materia della tutela della Salute, ai sensi dell’art. 117 comma 3 della Costituzione stessa. Tale riforma ha suddiviso la potestà legislativa in esclusiva per lo Stato in specifiche materie e concorrente tra Stato e Regioni per altre: il risultato è stato quello di dotare le Regioni (ed altri Enti Locali) di un proprio patrimonio e una propria autonomia finanziaria di entrata e di spesa (ai sensi dell’art. 119 della Costituzione).

Tuttavia per il combinato disposto dell’art. 32 della Costituzione (secondo cui il diritto alla salute rientra nei diritti sociali la cui determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni compete esclusivamente allo Stato) e la legge 833/1978 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, ha costretto il legislatore ad intervenire pochissimi anni dopo la riforma del Titolo V, nella gestione sanitaria dei singoli Servizi Sanitari Regionali mediante la legge 311/2004, con il chiaro intento dello Stato di monitorare con “grande attenzione”  la gestione dei servizi sanitari affidati alle Regioni mediante la riforma della Costituzione.

Da qui in avanti è stato un susseguirsi di “commissariamenti” delle sanità regionali per il mancato raggiungimento degli obiettivi di bilancio e di raggiungimento dei Livelli Essenziali di Assistenza a causa (semplifichiamo) sia della continua diminuzione delle erogazioni dello Stato (in particolare dal 2009 al 2017) sia per la cattiva gestione delle risorse da parte degli amministratori locali.

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Negli anni tutte le Regioni italiane non interessate, contestualmente, dalla continua espansione della Sanità privata, sono state commissariate. Attualmente lo sono Calabria e Molise.

Accanto al commissariamento c’è stato, negli anni, un graduale decremento dei servizi offerti (LEA) che, di fatto, hanno sancito l’ulteriore inutilità dello stesso come “provvedimento punitivo” che ha avuto il solo effetto di veder aumentati, nelle regioni commissariate, i livelli di addizionale regionale IRPEF e IRAP, oltre all’aumento dei ticket sanitari e superticket. Senza aumentare i servizi offerti: addirittura, la Calabria, giusto per fare un esempio, ha un altissimo tasso di mobilità passiva anche per prestazioni “semplici” che spostano oltre 300 milioni di euro all’anno dalla Regione verso i “paradisi sanitari” (spesso privati) di Lombardia ed Emilia Romagna.

In questo quadro desolante, si tratti della morte di una bambina o di troppi adulti, sicuramente un responsabile c’è: ed è lo Stato italiano che (con la responsabilità di tutti i partiti, nessuno esente) non riesce (o non vuole) attuare l’art. 32 della Costituzione, trovandosi in aperto contrasto di interessi con la sanità privata che spesso e volentieri determina, nelle regioni che chiedono maggiore autonomia, anche le sorti politiche dei loro condottieri e cavalieri.

Non è possibile che per “mere ragioni di bilancio”, in tutto il Centro Sud, tra le altre cose che mancano, soltanto Taormina e Roma abbiano la possibilità dello strumento che permette l’ossigenazione extra corporea del sangue (ECMO) in ambito pediatrico. Nella sola Toscana, per fare un esempio, gli ECMO pediatrici a disposizione sono 2, quanto quelli dell’intero centro-sud, una differenziazione di diritti, a danno dei bambini, che non può trovare nessuna giustificazione plausibile.

*Economista e membro Direttivo Nazionale Movimento per l’Equità Territoriale

 

 

(3 febbraio 2022)

©gaiaitalia.com 2022 – diritti riservati, riproduzione vietata

 





 

 

 

 

 

 

 

 



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