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Cosa mangiano i poveri e come possiamo fare in modo che la loro fame diventi la nostra fame?

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di Marco Maria Freddi

Ho letto alcuni estratti della prefazione del Cardinale Matteo Maria Zuppi al saggio di Andrea Segrè e Ilaria Pertot, “La spesa nel carrello degli altri”, e non posso che concordare con lui.

La Chiesa Cattolica è custode di principi nobili, e sebbene la sua visione vada oltre la mera dimensione materiale e reale dei problemi—perché, come dice il Cardinale, non di solo pane vive l’uomo, ma anche di pane spirituale e religioso—mi sono fermato a riflettere su ciò che ho letto, cercando di rispondere alla domanda fondamentale: cosa mangiano i poveri e come possiamo fare in modo che la loro fame diventi la nostra fame?

È incontrovertibile che le disuguaglianze siano aumentate e che la nostra capacità di rispondere adeguatamente sia diminuita. Troppo spesso, chi è chiamato a dare risposte si accontenta di dichiarare che sta già facendo il possibile, ma queste non sono vere risposte.

Il Cardinale, con la sua vasta cultura e saggezza millenaria, ci ricorda che non basta fare il possibile: è necessario estirpare la fame, rimuovere le sue cause.

Così, torniamo a parlare di risposte concrete.

Papa Francesco ci esorta a ricordare che i poveri “sono persone, hanno volti, storie, cuori e anime. È fondamentale entrare in relazione con ciascuno di loro.” Non può essere solo un problema tecnico: bisogna comprendere le situazioni per trovare risposte adeguate.

I poveri, specialmente quelli senza fissa dimora, spesso sono privi di nome e dimenticati nelle loro vicende personali. Ci spaventano, perché ci mostrano quanto sia facile diventare poveri e quanto rapidamente questa condizione possa manifestarsi.

La povertà non è solo economica, ma anche educativa, sociale, sanitaria, culturale e relazionale. Questi aspetti, intrecciati tra loro e spesso difficili da distinguere, richiedono interventi che combinino cuore e cervello. Non credo che il lavoro di osservazione, ascolto, pubblicazione e convegnistica svolto dalla Caritas rappresenti una risposta sufficiente. La Caritas, come qualsiasi unità di strada, annota e censisce senza offrire soluzioni definitive, concrete e risolutive alla vita quotidiana delle persone povere.

I poveri siamo noi che non siamo capaci, senza pregiudizio, di accogliere le loro storie, provare compassione anziché commiserazione, e tentare di vivere le loro sofferenze e desideri.

Comprendere la fame dei poveri significa anche affrontare la nostra stessa fame di giustizia se mai l’abbiamo.

Essere senza fissa dimora non dovrebbe mai significare essere sconosciuti, senza volto, senza storia, senza parole, o considerati colpevoli del loro stato. Non devono essere pregiudicati o moralmente segnati. Le povertà economica, urbana, di genere, sociale, sanitaria, educativa, alimentare, legate al lavoro e alle pensioni basse, alla solitudine, alla bassa scolarizzazione, sono interconnesse e spesso si alimentano a vicenda. Ma non possono essere una condanna inevitabile.

È fondamentale uscire dalla logica dell’emergenza e affrontare le cause profonde, come faceva San Francesco, e risolverle. La Caritas, con le sue immense risorse immobiliari ed economiche, potrebbe e dovrebbe fare di più. Non basta pubblicare studi sulla povertà o gestire mense e ricoveri, pubblicare articoli in cui si afferma quanto i poveri abbiano ancor più fame oggi che nel passato ma in Italia, nessuno è mai morto di fame.

La Caritas, deve provare a offrire nuovamente soluzioni vere e definitive, come avrebbe voluto Don Luigi di Liegro.

Credo davvero che il pane sia veramente nostro solo quando lo condividiamo con gli altri.

Lascio a chi crede nel valore spirituale e religioso del problema di continuare il proprio racconto erudito e intellettuale. Ma la realtà è che, sebbene non di solo pane viva l’uomo, chi può—come la Caritas—deve tornare alle origini e fare tutto il possibile affinché nessuno resti per strada con la fame.

Cosa mangiano i poveri e come possiamo fare in modo che la loro fame diventi la nostra fame?

 

 

(30 agosto 2024)

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