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Un ritorno alle origini, in un certo senso. Un lungo viaggio che lo ha riportato sulle tracce iniziali e che tutto contiene. Ha scelto le forme plastiche per esprimere il suo senso del bello, Leonardo Pedrelli. Ma in chiave rinnovata rispetto alle lavorazioni lignee e sagomate che hanno contraddistinto i suoi lavori degli anni Settanta. A dire il vero, in origine erano gli acquerelli, le matite, le chine. Poi sono arrivati compensati sovrapposti e smaltati. Quindi ancora il gusto sopraffino per il disegno: l’inchiostro, le matite, gli interventi a pennarello e così via fino agli ultimi anni quando prepotente si è rifatta viva la voglia di produrre spazi ideali e mobili, geometrie variabili e forme evolute. Del resto la sua vita è stata dedicata alla creazione di luoghi fisici, di spazi razionali e belli da vedere.
Meglio, a questo punto andare con ordine e partire dall’inizio.
Pedrelli è prima di tutto un architetto.
La passione per l’arte e la pittura però lo ha accompagnato sempre, fin da ragazzo. Tra il ’59 e il ’63 realizza disegni con tecniche varie per cui ancora oggi prova un certo orgoglio. Durante il periodo degli studi si avvicina al mondo della grafica – realizza anche bozzetti per il packaging durante la collaborazione con la Cartongraf di Parma-. Nel 1967, realizza alcuni lavori ad olio e partecipa alla mostra collettiva alla Galleria Camattini con un olio su compensato dal titolo “Sardegna”. E’ in occasione della 16esima edizione del Festival universitario – siamo nel 1968, manca un anno al conseguimento della laurea in Architettura al Politecnico di Milano – che rompe gli schemi del passato e partecipa alla collettiva al Teatro Regio di Parma con “Augestione”, complessa opera mobile e multiforme, concettuale nel titolo più che mai esplicito, che segnerà l’inizio di una nuova fase, che ritornerà negli anni della maturità.
Nei primi anni Settanta inizia a lavorare come architetto e riesce a coniugare l’attività professionale con la passione per il disegno. Nel 1972, per la campagna elettorale delle elezioni politiche, crea sette manifesti per il Movimento Politico dei Lavoratori (MPL) di Livio Labor, firmandoli con lo pseudonimo Felis. Tali manifesti sono conservati al Centro Studi Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma con sede nell’abbazia di Valserena a Paradigna. Con il trascorrere degli anni l’impegno professionale ruba spazio a quello artistico e lentamente la produzione di opere si ferma. Nel 1973 Pedrelli fonda con gli architetti Ferrari e Uluhogian lo studio “Architetti Riuniti” che continua ad operare fino al 1977, anno in cui lo studio viene sciolto e Pedrelli avvia l’attività professionale in proprio.
Riprende l’attività artistica intorno al 2013 e si tuffa di nuovo nel disegno ma introduce l’utilizzo delle vernici su cartone ondulato. Crea, inventa, lavora a nuove sperimentazioni spaziali, senza curarsi di quello che succede intorno. Tuttavia, istintivamente, si trova immerso nel panorama nazionale e internazionale. Nel 2016 l’attività si fa più intensa e Pedrelli approfondisce quella che lui stesso definisce “la ricerca della persistenza espressiva tra forme dinamiche e configurazioni grafiche, pensate come una narrazione articolata per capitoli raccolti nella mostra sotto il titolo “Racconti aniconici”.
Si affacciano le prime creazioni in alluminio, allo stato naturale ma anche verniciato di bianco, di nero, d’oro e la produzione vede punti di contatto con correnti artistiche novecentesche a cui Pedrelli si avvicina d’istinto. E ci sono tracce del gusto delle forme “mobili” di Lygia Clark, l’artista brasiliana che gioca con superfici in movimento.
Pedrelli sfiora anche le ricerche del <Gruppo T>, il movimento milanese che per primo chiama in causa lo spettatore protagonista e artefice della forma finale dell’opera.
Tanti legami, tanti fili sottili nati spontaneamente, senza contatti diretti con nessuno di questi grandi nomi del panorama artistico contemporaneo.
“Con l’avvicinamento culturale all’esperienza del Neoconcretismo – spiega Pedrelli – ho sviluppato una ricerca nata dal bisogno di approdare all’astrazione geometrica attraverso la combinazione di forme accostando, incastrando e sovrapponendo elementi che conferiscono alle opere un aspetto insolito, fortemente creativo, tali da inventare effetti nuovi, a volte ludici, a volte enigmatici, attraverso l’azione manuale dell’osservatore chiamato a toccare, a spostare o a ruotare le parti mobili dell’opera, nei limiti che ne regolano il movimento, permettendo perciò di mutarne la forma e il volume attraverso una sua partecipazione in prima persona”.
In tutte queste opere, rigorosamente a dimensione quadrata e con utilizzo esclusivo di lastre in alluminio a vari spessori, smaltati a fuoco in bianco, nero e oro, c’è qualcosa che dalla geometria nasce, ma che può essere reinventata attraverso le movimentazioni che l’osservatore è chiamato ad attuare.
Successivamente Pedrelli continua ad operare con l’utilizzo di lastre in alluminio contorte in un ritorno di spire e avvolgimenti organici o labirintici, a volte con inserimenti beffardi che superano le modulazioni dei contrari vuoto-pieno, dentro-fuori, negativo-positivo, o a realizzare artefatti dove i tagli, il colore puro del bianco e del nero, la luminosità della base metallica le aggiunte inaspettate o ironiche stimolano le facoltà ottiche percettive del fruitore e ancora in interventi dove la stessa base metallica incisa colpita e ferita, esplodendo diventa eruzione del magma sul fuori che aspetta la sua epifania. Istinto e logica, rigore volumetrico e fantasia. E’ così che Pedrelli arriva alla mostra alla “Galleria Centro Steccata”, con una retrospettiva che racconta una passione innata e sempre coltivata. Un’intera vita, potremmo dire parallela alla vita professionale, ma pur sempre vita.
Leonardo Pedrelli
Racconti Aniconici
Personale delle opere recenti
presenta la mostra Katia Golini
fino al 30 giugno 2019
Galleria Centro Steccata
Parma
(15 aprile 2019)
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