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PCI, i cento anni della scissione e l’infantilismo ideologico… Caro Direttore, il resto, lo lascio ai nostalgici

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di Marco Maria Freddi, #CaroDirettore

Caro Direttore,

Un paese vecchio abitato da vecchi di tutte le generazioni non può essere un paese che non ama le nostalgie. Credo che la storia del PCI, come quella della DC, siano materia per storici ma non possiamo non guardare in modo critico a ciò che il consociativismo ha prodotto nella nostra società.
Enrico Berlinguer affermava che i partiti sono macchine di potere e di clientela.

Gestiscono interessi, i più disparati, i più contradditori, talvolta anche loschi, sono federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un boss e dei sotto-boss.

I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le istituzioni, a partire dal governo, hanno occupato gli enti locali, gli enti previdenziali, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai Tv e alcuni grandi giornali.

Ed ancora affermava in altra intervista che non c’è angolo della nostra vita pubblica e privata che non sia occupato dai partiti i quali, debordando dalla loro sede naturale, il Parlamento, hanno lottizzato, oltre al governo, alla presidenza della Repubblica, alle Regioni, alle Province, ai Comuni, anche l’industria pubblica, il parastato, la burocrazia, le forze armate, la magistratura, le banche, le fondazioni bancarie, gli ospedali, l’università, le grandi compagnie di assicurazione, le camere di commercio, gli appalti, la Rai Tv, i giornali, le aziende municipalizzate, le Spa comunali, gli enti culturali, gli Iacp, i porti, le terme, le mostre, le aziende di soggiorno, gli acquedotti, i teatri, i conservatori, le casse mutue, le unità sanitarie locali, i tranvieri, i vigili urbani, gli spazzini, gli urbanisti, gli architetti, gli ingegneri e, infine, anche i corpi di ballo, le soliste e i primi ballerini. A questo cancro, che oggi denomineremmo come la questione del conflitto di interessi della vita nazionale sin dal dopoguerra, si somma che il PCI non ha mai smesso, nonostante Praga, di avere relazioni politiche ed economiche fino alla caduta del muro di Berlino con l’allora URSS, paese nemico della democrazia liberale.

La nostalgia è tipica dei paesi poveri, poveri di storia democratica liberale, poveri di storia di libertà, di libertà individuale.
Siamo ancora vittime di un processo politico, vittime di quell’ordinamento e cultura fascista che non è mutato nel secondo dopoguerra, non è mutato proprio grazie al clericalismo del PCI e della DC principali responsabili dell’infantilismo ideologico cui ancora oggi viviamo, abbiamo vissuto dal dopoguerra la democrazia del fascismo dell’antifascismo eppure, con occhi nostalgici guardiamo a quelle storie con rimpianto nonostante ciò che Enrico Berlinguer candidamente dichiarava.

Lasciamo agli storici la storia, nel XXI secolo la nostalgia non ci salverà, ci salveremo solo se alla politica applicheremo il metodo scientifico, metodo rivoluzionario per un paese vecchio abitato da vecchi; un metodo, quello scientifico, che può ridurre le diseguaglianze e le iniquità, riaffermare la centralità dei valori costitutivi europei che risiedono nel rispetto dei valori umani, dei diritti individuali, dell’inclusione sociale e del rispetto per l’ambiente.

Il resto, lo lascio ai nostalgici di ogni latitudine, all’infantilismo ideologico cui siamo capaci perché incapaci di essere veri rivoluzionari nonviolenti.

 

(1 febbraio 2021)

©gaiaitalia.com 2021 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 





 

 

 

 



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